Stefania Petrelli, VIVIROMA MAGAZINE (15/11/2023)

Abbiamo visto “iosonovulnerabile, dunque vivo. Arte è amare la realtà”

“Un luogo senza tempo, le mura raccontano storie, racchiudo memorie di vite, vite di persone che hanno vissuto condiviso ed attraversato questo spazio e restano attaccate alla pelle dello spettatore che ha la possibilità di visitarlo”.
Le porte dell’ex Carcere Pontificio di Velletri aprono ad una straordinaria iniziativa artistica che porta avanti un messaggio che parla della vulnerabilità, il progetto transdisciplinare, “iosonovulnerabile, dunque vivo. Arte è amare la realtà, a cura di Sergio Mario Illuminato, negli spazi di questo luogo di oltre mille metri quadri costruito nel 1861 dalla famiglia Romani che ha percorso due secoli come ex galera pontificia edificata con l’unità d’Italia e chiusa definitivamente nel 1991, quando viene inaugurato il Carcere di Massima Sicurezza in località Lazzaria e i detenuti vengono gradualmente spostati. Dopo, in bilico tra destinazioni sbagliate e anni d’abbandono, arriva allo status odierno.
Un progetto che  unisce diversi linguaggi espressivi dell’arte del contesto degli spazi nei quali si respira una presenza assenza  e va dalla pittura alla fotografia alla danza in tutte le loro sfaccettature degli artisti: Sergio Mario Illuminato, Rosa Maria Zito, Federico Marchi con Roberto Biagiotti e Alessandro Pagoni, Patrizia Cavola e Ivan Truol con Camilla Perugini e Nicholas Baffoni, Andrea Moscianese e Davide Palmiotto per ricostruire una tensione narrativa transdisciplinare che, nel contesto dell’ex Carcere Pontificio di Velletri, assume il valore di testimonianza del patrimonio storico di inestimabile valore che ha attraversato due secoli prima della sua trasformazione irreversibile.
“Le grandi esposizioni internazionali d’arte contemporanea stanno conoscendo un crescente uso dell’arte come entità astratta separata dalla realtà. L’arte sembra essere sempre più confinata solo in spazi ideologici codificati come musei, fiere e gallerie. Personalmente, come risposta alla drammatica situazione attuale, ho sentito la necessità di re-agire artisticamente sfuggendo dagli spazi anestetici predefiniti che relegano l’arte ai margini e ho provato a mettere al mondo il mondo, come affermava Alighiero Boetti. Lavoro per riabilitare le ‘cattedrali contemporanee della vulnerabilità’ che includono ex carceri, ospedali, mattatoi, caserme, chiese, fabbriche, scuole…e altri luoghi in stato di grave abbandono. La mia ricerca in questi spazi mira a creare un ambiente esperienziale potenziale, uno spazio meditativo caratterizzato da una nudità cristallina, al fine di recuperare una dimensione rituale aperta all’altro, in cui artisti e partecipanti possono immergersi per ascoltare le vibrazioni degli elementi preesistenti insieme alla sensibilità e all’energia degli Organismi Artistici Comunicanti (OAC) che ho sviluppato nel corso degli anni. Gli spazi espositivi diventano così luoghi in cui si sviluppa un processo di relazioni senza uguali che può rivelare un lessico condiviso” così racconta Sergio Mario Illuminato.
Questo spazio, sepolto nell’oblio da oltre trent’anni, torna a vivere e si trasforma in un luogo di arte e dialogo per le future generazioni. Nel cuore di questo luogo abbandonato, le pareti di pietra logorate dalla storia e le sbarre testimoniano di un passato di confinamento e isolamento. Oggi, queste stesse mura divengono tela per esplorare un tema tanto universale quanto intimo: la vulnerabilità umana.
Un progetto che rappresenta un esperimento artistico audace e innovativo nel suo genere focalizzando l’attenzione dello spettatore sulla fragilità dell’essere umano. Gli artisti che hanno collaborato al progetto si sono immersi in un contesto carcerario per trasformare la durezza del passato in un luogo di riflessione e consapevolezza. In ogni singolo angolo di questo luogo crudo e suggestivo si respira una tensione palpabile, dove la vulnerabilità è riconosciuta come parte integrante dell’esperienza umana. “iosonovulnerabile” proseguirà fino al 30 gennaio 2024, rappresentando l’ultima documentazione utile prima della ristrutturazione architettonica e del cambiamento di destinazione della struttura, prevista nei mesi successivi.
Varcando il cancello dell’ex Carcere Pontificio di Velletri si finisce in un limbo di invisibilità. Nel silenzio assordante di luoghi che vanno dimenticati si accende una luce per guardare da vicino la particolare bellezza e energia della pelle della vulnerabilità, della piega della fragilità. A partire dal cortile della presa d’aria dei detenuti, il visitatore è chiamato a mettere in discussione i propri sensi per scoprire una realtà architettonica in cui un gruppo di artisti transdisciplinari può praticare una forma di speleologia creativa, capace di riportare alla luce ciò che l’incuria, il degrado e il tempo sono riusciti a nascondere per decenni: “Organismi Artistici Comunicanti” che trascendono la loro materialità in un mondo che sembra essersi cristallizzato ma che, nonostante tutto, ci fa vedere perché lottare per la vita.

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