La mia ricerca artistica si ispira profondamente alla concezione del mondo come un flusso impregnato dell’energia della fragilità umana. Al cuore del mio lavoro risiede l’ideale di “Corpus-et-Vulnus“, una fusione alchemica tra l’essenza fisica e quella spirituale.
Il mio linguaggio artistico personale trae forte ispirazione dalla tradizione dell’arte informale, un percorso che si è evoluto attraverso sperimentazione e con l’influenza di grandi maestri come Kiefer, Parmiggiani, Beuys…
Mi muovo in uno spazio inusuale, esplorando le zone interstiziali tra pittura e scultura. Per concretizzare la mia visione artistica, ho coniato il termine “Organismi-Artistici-Comunicanti (OAC)”, poiché essi sfuggono a forme rigide e conclusive, invece, sono costituiti da un “Tessuto-Trama-Cosmica” in costante evoluzione, dove tutto è in uno stato di mutamento: reazioni chimiche, fermentazioni, variazioni cromatiche e degrado. Questa pratica rafforza l’idea che l’arte sia un processo intimamente legato alla vita, una materia prima in cui la trasformazione irreversibile e continua del “Corpo-oltre-Materia” rappresenta una parte essenziale di un’ “Etica Nomade” e di un’ “Estetica-della-Convergenza“, basate sui meccanismi creativi delle Rovine.
Al fine di costantemente ridefinire i contesti espositivi e sperimentare approcci che promuovano un processo di relazione senza precedenti, un lessico condiviso tra artisti e partecipanti, sto cercando di estendere i concetti noti di “site-specific” e “site-sensitive“, introducendo il concetto di “site–coexistence“. Questo termine descrive il mio intento di stimolare un’interpretazione attiva e inclusiva del luogo espositivo, dove si sviluppa un dialogo dinamico tra artisti e partecipanti, dando luogo a scoperte di connessioni, affinità e sviluppi potenziali. Proprio per questo motivo ho abbandonato la pratica di fissare i miei lavori con chiodi alle pareti dei “white cube” e ho collocato i miei dispositivi a terra, preferibilmente nelle “cattedrali contemporanee della vulnerabilità“: ex-carceri, manicomi, mattatoi, ospedali, chiese, barconi… questi luoghi in stato d’ibernazione nelle nostre metropoli, dove possiamo svelare ciò che si nasconde dietro la funzionalità del mondo.
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