Gli spazi espositivi sono anche palcoscenico per eventi performativi curati da Roberta Melasecca e Michela Becchis, con la partecipazione di Daniela Beltrani, Francesca Di Ciaula, Anahi Mariotti e Silvia Stucky. Immersi nella ‘fabbrica delle idee’ dell’Atelier, la realtà e il vissuto che trasudano dagli ‘Organismi Artistici Comunicanti’ di Sergio Mario Illuminato si tramutano in corpo e carne, sangue e ossa, attraverso oggetti, gesti e riti. I corpi dell’arte e dell’artista, uniti ed unificati, divengono luoghi di riferimento, ambiti integrati di esperienze; si realizzano e prendono forma nel rapporto tra l’azione del corpo che conferisce valore simbolico allo spazio con il quale dialoga e la reazione che lo spazio determina sul corpo stesso, amplificando così le dimensioni mentali dell’immaginazione e della memoria. Ogni artista, con la sua particolare e specifica ricerca, interpreta i temi di ‘iosonovulnerabile’, in un profondo e intimo dialogo con gli spett-attori che saranno coinvolti nelle azioni performative.
La ricerca artistica di Daniela Beltrani si fonda su esperienze, riflessioni, idee, immagini provenienti da sogni, sessioni di zazen o cervello in onde alfa: una complessa indagine interiore che si intreccia con la sua formazione in campo umanistico e filosofico. Ogni performance invita il pubblico ad un’esperienza olistica dell’arte, intesa come mezzo per coltivare un proprio senso estetico individuale e recuperare, in tal modo, autenticità ed interconnessione al di là dei fragili parametri di una società sensazionalista e materialista. L’ultima serie di lavori hanno l’obiettivo di stimolare una risposta del pubblico da livelli di coscienza oltre la mente, l’intelletto e l’ego, attraverso azioni dalla qualità meditativa, svolte in ripetizione, immobilità, silenzio e comunicazione non verbale.
DANIELA BELTRANI. Performance artist, formatasi a Singapore; direttrice artistica di PAR Performance Art Roma; fondatrice KEπOS, casa/studio/progetto artistico a Fara in Sabina (Rieti). Ha conseguito Master of Arts in Contemporary Asian Art Histories – Lasalle College of the Arts Singapore; Master in Gestione per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale – Sapienza Università di Roma; due certificati di Istruttore Yoga – S-VYASA India e Tirisula Yoga Singapore; un Diploma in Psicologia Positiva Applicata – The School of Positive Psychology Singapore. Dal 2010 cura mostre ed eventi e si dedica a pubblicazioni e cataloghi d’arte; ha preso parte a numerosi progetti, mostre, festival e residenze in tutto il mondo. I suoi progetti hanno ricevuto il sostegno della Singapore International Foundation, National Arts Council e Artsfund di Singapore.
Negli ultimi anni la ricerca artistica di Anahi Mariotti indaga la relazione tra arte, rappresentatività nello spazio pubblico e violenza di genere. Partendo dall’esperienza incarnata, la sua ricerca esplora il vissuto dei corpi femminili, corpi trans, corpi animali e mostruosi, usando l’arte come mezzo di visione di futuri possibili. Esplora i territori e ne ricerca la memoria. I suoi interventi si configurano come uno sguardo delicato sul reale, che sfrutta la poesia e la meraviglia per portarsi verso piani più profondi, riflettere sulle intime difficoltà della vita per poi rilanciare verso nuovi immaginari.
ANAHI MARIOTTI. (Recanati, 1986) Artista queer e attivista transfemminista della Casa delle donne Lucha y Siesta, si occupa di comunicazione e pratiche artistiche legate all’aspetto relazionale, in una ricerca visiva improntata al corpo, al femminismo, alla memoria e alle contingenze territoriali. Predilige il lavoro site-specific e l’arte partecipata. Si occupa, inoltre, di comunicazione senza stereotipi, formazione antiviolenza e tematiche LGBTQAI+. Ha lavorato come responsabile di un Centro Antiviolenza e attualmente collabora in uno sportello di segretariato sociale antiviolenza e antidiscriminazione. Ha partecipato a premi, residenze artistiche ed esposizioni in Italia e all’estero. Collabora con il Master in Studi e Politiche di Genere dell’Università degli Studi di Roma Tre.
La ricerca artistica di Francesca Di Ciaula, spaziando dalla fotografia alla creazione di installazioni e performance, si basa sulla necessità di generare un contatto diretto con il pubblico affrontando temi cruciali come la cura dell’ambiente, i diritti (negati) delle donne e la violenza di genere. Ogni performance si compone di gesti semplici, metaforici, affiancando all’azione del corpo quella attraverso oggetti-simbolo che entrano nella scena mediando, a volte, il rapporto con lo spettatore, chiamato a essere partecipe dei diversi momenti artistici.
FRANCESCA DI CIAULA. Nasce a Padova nel 1960. Dopo il Liceo Classico frequenta la Facoltà di Storia dell’Arte dell’Università di Padova. In questa città apprende la tecnica della lavorazione del metallo prezioso. Nel 1985, con una borsa di studio per la Rietveld Art Academy, si trasferisce ad Amsterdam, città in cui si stabilisce dedicandosi all’arte del gioiello, inteso come oggetto dedicato e connesso al corpo emozionale e fisico, e alla ceramica. Tornata a vivere a Roma nel 2009, lavora tra Amsterdam, Roma e Tel Aviv. Ha esposto in musei e gallerie nazionali e internazionali: le sue opere sono presenti nelle collezioni Rijksmuseum Amsterdam NL, Museum Modern Art Arnhem NL, Dallas Museum of Art USA. Nel 2021 ottiene il Premio Letizia Battaglia e nel 2024 la Menzione Speciale per il Festival del Tempo V edizione.
Elementi centrali del lavoro artistico di Silvia Stucky sono l’acqua e la semplicità del quotidiano. In essi l’artista osserva l’immobilità nella mutevolezza, la profondità nelle cose ‘semplici’, le cose marginali, quotidiane, come una foglia che cade. Le interessano la natura, perché insegna le regole del funzionamento dell’ambiente in cui viviamo (ma che stiamo distruggendo); l’acqua, perché ci tiene in vita (e perfino l’acqua viene inquinata); il pensiero di altre culture, perché è una ricchezza di conoscenze e capacità, indispensabile nel mondo globalizzato Ha scritto Francesca Gallo: «Dalla carta all’installazione, dalla performance al video, la ricerca di Silvia Stucky è fatta di interventi minimi in cui l’autorialità si assottiglia nel riprodurre le decorazioni orientali, nel disporre un erbario, nel riprendere fenomeni naturali o comportamenti umani spontanei, esaltando una bellezza involontaria, alla luce del rispetto per l’altro in tutte le sue forme».
SILVIA STUCKY. Vive e lavora a Roma. La sua ricerca comprende pittura, libri d’artista, installazioni, giardini, video, fotografia, performance. Inizia la sua attività espositiva nel 1984; il primo lavoro video è stato presentato nel 1996 al XVII Festival International de la Vidéo di Locarno. Dal 1999 lavora anche con la fotografia sul tema del paesaggio plasmato dall’intervento umano, in cui mira a cogliere le costanti che si manifestano al di là delle differenze geografiche. Le sue opere sono state esposte in rassegne e festival video, mostre collettive e personali in gallerie e musei in Italia, Argentina, Cile, Ecuador, Egitto, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Indonesia, India, Iran, Marocco, Olanda, Stati Uniti, Svizzera, Thailandia, Turchia.